Didattica della Matematica Inclusiva
nella scuola secondaria di primo grado

I PROBLEMI > FASE 0

Fase 0 - Questionario introduttivo

Come introduzione a questo importante percorso, si vuole riflettere sul significato che gli studenti attribuiscono alla parola “problema” sia nella vita reale che nell’ambito matematico, attraverso un breve questionario:

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Si è deciso di proporre questo questionario perché, quando gli studenti si affacciano alla scuola secondaria di primo grado, si presentano con un proprio bagaglio culturale costruito nei cinque anni di scuola primaria. Un compito fondamentale e allo stesso tempo delicato dell’insegnante di scuola media è quello di recuperare i significati costruiti alla scuola primaria che andranno poi raffinati per promuovere lo sviluppo di nuove conoscenze e di far emergere i vissuti degli studenti che possono condizionare il loro modo di relazionarsi con la disciplina stessa (vai alla prima buona pratica).

Riteniamo importante che questo obiettivo venga spiegato e condiviso con gli studenti prima della somministrazione del questionario stesso.

 

ATTIVITÀ

Rispondi alle domande del questionario

L’insegnante, dopo aver condiviso l’obiettivo con gli studenti, chiede loro di compilare il questionario in modo sincero ed impegnato. Più l’insegnante riuscirà a trasmettere l’importanza di voler conoscere il vissuto dei suoi studenti per impostare il percorso successivo, più otterrà dei questionari seri ed autentici.

 

Indicazioni per il docente

Restituire le risposte date al questionario, analizzandole e commentandole insieme agli studenti. L’insegnante può preparare una presentazione in cui inserisce alcune risposte scansionate e raggruppate per macro-tematiche che ritiene importante toccare.

Gli obiettivi principali in questa fase sono:

  • cogliere la differenza tra esercizio e problema e comprendere come entrambi siano elementi fondamentali per la maturazione delle competenze matematiche;

  • porre le basi per accettare una adeguata complessità, necessaria per attivare processi di pensiero significativi;

  • combattere atteggiamenti negativi e di paura alla sola idea di dover affrontare un problema;

  • imparare a concedersi il tempo per riflettere e ragionare;

  • accettare e imparare a gestire la diversità nei ragionamenti e nei tempi dei diversi alunni di una classe;

  • vedere l’errore come un momento inevitabile nella costruzione della conoscenza e accettare una diversa idea di successo, non più come risposta corretta, ma come processo di pensiero significativo.

 

Cosa aspettarsi

Nel questionario si chiede agli studenti di descrivere cos’è e come verrebbe risolto un problema sia in matematica che nella vita quotidiana. Ciò consente di riprendere poi alcune descrizioni di problemi della vita reale date dagli studenti per sottolineare le differenze che secondo loro ci sono rispetto ai problemi di matematica, sia nella natura stessa del problema che nel processo risolutivo. 

Per esempio, nella vita reale sono ammessi anche problemi impossibili oppure con più di una soluzione; e per quanto riguarda la risoluzione di un problema, nella vita di tutti i giorni occorre pensare e insistere, non basta applicare una formula memorizzata e richiamata velocemente dalla memoria o fare un’operazione.

 

Immagine che contiene testo Descrizione generata automaticamente

 

 

Nelle risposte degli studenti i problemi di matematica invece sono visti spesso come storie artificiose, a volte rese pure insidiose dalla presenza di tranelli. Tali storie sono il “vestito” di un esercizio, nei loro esempi spesso identificato con una banale operazione. In un certo senso hanno ragione gli studenti perché spesso nella pratica didattica accade questo, ma siamo sicuri che un esercizio possa chiamarsi problema solo perché è “vestito/camuffato” dentro una storia di pseudo realtà?

 

 

Come già accennato, spesso il problema viene visto come un esercizio, addirittura come un’operazione. Molti studenti identificano quindi il problema con qualcosa che permette l’attivazione di un comportamento automatico in cui, chi lo affronta, conosce già la procedura da applicare per risolverlo. 

Notiamo inoltre che frequentemente negli esempi forniti dagli studenti non c’è nemmeno una domanda, ovvero si riducono a semplici affermazioni.

 

 

Un'altra riflessione che abbiamo trovato con una certa frequenza nelle risposte degli studenti delle classi sperimentali è la noia che deriva dall’obbligo di rispettare “regole” molto rigide dettate dagli insegnanti e/o dai libri di testo: la risoluzione dei problemi prevede spesso una sequenza di azioni prescrittive che consistono nel ricopiare il testo, sottolineare le parole chiave, riportare i dati e la domanda, eseguire l’operazione richiesta e infine dare la risposta.

 

Immagine che contiene testo Descrizione generata automaticamente

Interessante selezionare, se compare tra gli esempi, qualche problema non classico, ovvero privo di contesto, slegato da una situazione reale o concreta. Questi problemi sono chiamati da Pietro Di Martino e Rosetta Zan “problemi per la mente”, cioè domande che nascono dalla curiosità, dall’esigenza di capire, di sapere. Per esempio, nella scansione riportata in figura lo studente ha scelto come esempio di problema di matematica la curiosità di conoscere la somma dei primi 100 numeri naturali. Questo è noto in letteratura come "problema del piccolo Gauss" ed era stato proposto alla classe di questo studente all'inizio dell'anno scolastico (osserviamo che è un ottimo problema per lavorare fin da subito con gli studenti in linea con le "buone pratiche didattiche").

Dopo aver discusso della differenza tra problema ed esercizio, è significativo far emergere come riflessione anche la dimensione temporale e soggettiva di un problema. I numerosi esempi di problemi proposti dagli studenti, forse possono considerarsi dei problemi per un bambino della scuola primaria, ma sono davvero problemi per uno studente di scuola secondaria? Un problema non lo è a priori: può esserlo in un momento della vita e poi diventare invece un esercizio (dimensione temporale), può esserlo per una persona e non per un’altra (dimensione soggettiva). 

 

Infine riportiamo alcune belle risposte degli studenti delle classi sperimentali che vale la pena valorizzare nella discussione di classe perché colgono aspetti importanti del problema.

 

Il problema quindi è visto come una sfida in cui occorre attivare processi significativi per la matematica, quali esplorare, congetturare, argomentare, rappresentare, verificare…
Tale sfida può essere difficile, infatti, la mancanza di una procedura immediata da applicare per risolvere il problema, ne riconosce una sua complessità intrinseca. È bene che il docente sia consapevole che un’adeguata difficoltà a livello cognitivo è la base di qualsiasi apprendimento: un buon problema deve mettere lo studente di fronte ad una situazione nuova ed impegnativa ma al tempo stesso affrontabile con gli strumenti che ha a disposizione.

In questo contesto è poi indispensabile una corretta visione dell’errore come momento inevitabile nella costruzione della conoscenza e l’accettazione di una diversa idea di successo, non più come risposta corretta, ma come processo di pensiero significativo.
Imparare ad interpretare il fallimento e a superarlo, capendo con l’esperienza che il darsi tempo e il concedersi il permesso di commettere errori sono risorse importantissime, non solo nella matematica ma anche nella vita, aiuta poi a non andare in crisi di fronte alle prime difficoltà che si incontrano.

“Un bel problema, anche se non lo risolvi, ti fa compagnia se ci pensi ogni tanto”.
Ennio De Giorgi, matematico italiano (1928-1996).

 

 

CONCLUSIONI

La discussione delle risposte al questionario permette agli studenti di confrontarsi su diversi aspetti legati all’idea che hanno di problema e di risoluzione di un problema. Inoltre, a partire da tali considerazioni, l’insegnante può condividere con la classe i propri obiettivi e la propria visione della matematica e dell’attività di risoluzione di problemi che caratterizza la pratica matematica stessa.

Questa fase, in particolare la restituzione del questionario, è propedeutica e fondamentale per la buona riuscita delle fasi successive, perché permette di introdurre il percorso sui problemi e di creare attese sul percorso stesso, condividendone gli obiettivi. Grazie a questa fase si costruisce un terreno comune tra studenti e insegnante in cui si ha un’idea condivisa sul ruolo dell’errore, sulla velocità, sull’importanza dei processi di pensiero e sulla differenza tra esercizio e problema. 

“Tutte le caratterizzazioni di problema proposte dai vari ambiti disciplinari, dalla psicologia all’educazione matematica, identificano il problema come una situazione che evidenzia un obiettivo, per raggiungere il quale il solutore non conosce a priori una procedura da seguire” (Di Martino & Zan, 2019).

 

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2018_3_1011_IP.01 “LE NUOVE FRONTIERE DEL DIRITTO ALL’ISTRUZIONE. Rimuovere le difficoltà d’apprendimento, favorire una scuola inclusiva e preparare i cittadini responsabili e attivi del futuro - Fase 2". Questa iniziativa è realizzata nell'ambito del Programma operativo FSE 2014 – 2020 della Provincia autonoma di Trento grazie al sostegno finanziario del Fondo sociale europeo, dello Stato italiano e della Provincia autonoma di Trento. La Commissione europea e la Provincia autonoma di Trento declinano ogni responsabilità sull’uso che potrà essere fatto delle informazioni contenute nei presenti materiali.