Working paper
I casi di Falsi positivi al cheating: una questione aperta nelle rilevazioni invalsi
I casi di "Falsi positivi" al cheating: una questione aperta nelle rilevazioni INVALSI
Fin da quando le rilevazioni sui livelli di apprendimento in Italiano e in Matematica degli studenti italiani hanno assunto un carattere sistematico, uscendo dalla fase sperimentale, l’INVALSI applica ai risultati una procedura statistica per l’individuazione del cheating e corregge i dati dalle distorsioni da esso introdotte. Il termine cheating – che in inglese significa “imbrogliare” – designa quei casi in ci i risultati di un test riflettono non tanto il grado in cui i soggetti che vi sono sottoposti posseggono l’attributo che il test intende misurare ma piuttosto l’effetto del ricorso a mezzi direttamente o indirettamente truffaldini per alterare verso l’alto le misure (Bertoni, Brunello, Rocco, 2012). Dall’anno 2011-2012 l’INVALSI restituisce alle scuole i risultati medi di ogni classe e della scuola nel suo insieme nelle prove di italiano e matematica corretti per il cheating insiede all’informazione sul coefficientedi correzione, espresso in percentuale, applicato ai punteggi. Nel 2012 nel caso, di una classe che avesse il coefficiente di cheating maggiore del 50% il risultato della classe non è stato restituito (INVALSI, 2012). Nel 2012-13 l’INVALSI ha adottato alcuni accorgimenti per ostacolare il cheating, facendo ruotare nei fascicoli di prova le alternative di risposta alle domande a scelta multipla e, limitatamente alla matematica, anche l’ordine delle domande relative ai quattro ambiti di contenuto testati. Inoltre, la metodologia statistica di stima del coefficiente di cheating è stata affinata rispetto a quella utilizzata l’anno prima (INVALSI 2013, 2014). Grazie alle misure assunte, sul piano preventivo e metodologico, i casi di cheating appaiono esser diminuiti rispetto alla precedente rilevazione ma non scomparsi.