Didattica della Matematica Inclusiva
nella scuola secondaria di primo grado

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Combattere stereotipi sull'avere successo in matematica

Il senso di autoefficacia che gli studenti sviluppano è fortemente legato alle convinzioni che costruiscono su cosa significhi “essere bravi in matematica”, ovvero quelle che in letteratura vengono chiamate teorie del successo. Per esempio:
  • “Essere bravi in matematica vuol dire essere veloci e arrivare alla fine dell’esercizio senza fare errori.”
  • “Essere veloce a finire un esercizio …e non prendere tempo per pensare!”
  • “Non fare errori e… arrivare in fondo” (il processo non ha alcuna importanza!)
Questi aspetti emergono molto spesso dai temi degli studenti, già nella prima classe di scuola secondaria di primo grado. Ad esempio, riportiamo alcuni estratti tratti dalle classi sperimentali:
«… Dalla terza alla quarta è continuata a piacermi [la matematica] anche se ero lentina. In lockdown le insegnanti ci avevano divise in tre gruppi […] a me non andava giù il fatto di essere con i medi, quindi mi sono impegnata il triplo per arrivare al livello alto». 
«Io nelle sfide faccio le operazioni veloci e allora mi sbaglio». 
«Io faccio giusti i calcoli, ma li faccio molto piano perché non ci riesco a farli molto veloci».
«La matematica mi piace però ogni tanto ho bisogno di rifletterci un poco di più di quello che ci metto di solito, infatti ogni tanto mi piace anche provare a superare i miei limiti». 
 
Rispettare i tempi diversi di ogni studente e imparare a gestire e valorizzare tali diversità è essenziale per prevenire o recuperare il senso di autoefficacia di ognuno, convincendolo ad investire risorse in quello che gli viene richiesto, senza la paura di sbagliare e senza arrendersi alle prime difficoltà. 
Per fare ciò è davvero importante non focalizzarsi sul prodotto, ma dare importanza al processo, lavorando su problemi e non su esercizi, proponendo attività che stimolino l’interesse per creare un contesto motivante. Si veda, per esempio, l’intervento del professor Samuele Antonini (dal minuto 20:23 al minuto 36:00) durante il webinar su “L’apprendimento della matematica tra procedure e significati”:
 
 

 
L’idea di successo associata all’aver ottenuto il risultato giusto in un esercizio, magari anche nel minore tempo possibile, è una continua minaccia al senso di autoefficacia dello studente (Zan, 1998). 
 
Il senso di auto-efficacia è definito come l’insieme delle credenze di una persona riguardo alle sue capacità di produrre livelli definiti di performance che influenzano eventi che hanno degli effetti sulla loro vita. Le credenze che concorrono alla costruzione dell’auto-efficacia determinano come le persone sentono, pensano, si motivano e si comportano. Tali credenze producono questi diversi effetti attraverso quattro principali processi.  Essi includono processi cognitivi, motivazionali, affettivi e di selezione.
(Bandura, 2000)
Lavorare sui processi consente di far emergere molti aspetti positivi per far vivere agli studenti esperienze significative e di successo, a prescindere dal risultato finale. Infatti:
  • nel processo di soluzione l’errore può essere visto come una risorsa e non come un fallimento, in quanto la presa di consapevolezza e la discussione dell’errore stesso permettono di far progredire il processo di pensiero;
  • non c’è un’unica strategia risolutiva ma diverse strategie in ragione dei diversi studenti; portare quindi l’attenzione sul processo e non sul prodotto permette di confrontare le varie strategie e di discutere su di esse;
  • le varie strategie vengono elaborate da ciascuno studente con diversi sistemi di rappresentazione e diversi modi di agire sulle rappresentazioni stesse, che quindi emergeranno e saranno oggetto di attenzione;
  • il tempo deve essere lungo se è dedicato all’intero processo.
Tutti questi aspetti sono essenziali per lavorare sul tema del tempo ma anche per recuperare il ruolo positivo dell’errore, che troppo spesso viene vissuto dagli studenti come un’esperienza di fallimento e quindi deve essere evitato. Da qui nasce la grande paura di sbagliare.
 
 
Riportiamo altri estratti tratti sempre dai temi delle classi sperimentali:
«Non mi piace rispondere perché ho paura che i miei compagni mi prendano in giro». 
«All’inizio io mi divertivo a fare matematica […] poi non era più così divertente, sembrava più come un test che una lezione». 
«Mi piace imparare la matematica ma mi agita immaginare di non ricordarmi le formule». 
 
Da queste parole degli studenti emerge chiaramente come l’errore sia da loro identificato con il fallimento, e si osserva la conseguente paura di sbagliare in matematica. Per promuovere un atteggiamento positivo verso la matematica è indispensabile creare ambienti in cui il focus sia il processo di pensiero argomentato perché è proprio nel processo di soluzione di un problema o di un quesito aperto che l’errore può essere visto come una risorsa, come un momento di passaggio inevitabile nella costruzione della conoscenza.
 
È importante inoltre discutere con gli studenti del fatto che ci sono momenti in cui l’errore non solo è ammesso ma è utile a capire e spesso proprio in questi momenti avviene l’apprendimento. Se l’insegnante se la sente di portare un esempio personale di suo errore frequente o di un momento in cui un errore è stato particolarmente significativo per il suo apprendimento, questo rimarrà molto impresso negli studenti e il messaggio passerà loro con la straordinaria forza dell’empatia.
 
I bambini si buttano. Se non sanno qualcosa, ci provano. Giusto? Non hanno paura di sbagliare. Ora, non voglio dire che sbagliare è uguale a essere creativi. Se non sei preparato a sbagliare, non ti verrà mai in mente qualcosa di originale. Se non sei preparato a sbagliare. E quando diventano adulti la maggior parte di loro hanno perso quella capacità.  Sono diventati terrorizzati di sbagliare. E noi gestiamo le aziende in questo modo, stigmatizziamo errori. E abbiamo sistemi nazionali di istruzione dove gli errori sono la cosa più grave che puoi fare. E il risultato è che stiamo educando le persone escludendole dalla loro capacità creativa.
(Robinson, TED2006, 05:16-05:58)
 
Per ingaggiare gli studenti e allo stesso tempo mettere in luce come spesso in matematica sia proprio necessario passare da un errore per poter capire, ci sono diversi giochi matematici che possono essere proposti in classe. Per esempio:
Questi due giochi sono stimolanti perché si arriva a capire come vincere solo dopo aver provato diverse volte, procedendo cioè per tentativi ed errori. Spesso non si esauriscono in una lezione, occorre riprenderli in diverse lezioni, anche solamente dedicando gli ultimi minuti in modo che qualche studente convinto della propria strategia possa testarla e discuterla con i compagni. 
 
Giochi come questi sono l’occasione per introdurre anche il tema della creatività in matematica, che permette in alcuni casi di risolvere problemi trovando strade che con i calcoli e i formalismi sarebbe stato più difficile intraprendere. Tutti i percorsi che proponiamo intendono favorire ragionamento matematico creativo, dove con creatività non ci si riferisce a una straordinaria creatività del genio, ma a quella di tutti i giorni, che può davvero essere promossa ad ampio spettro nella popolazione scolastica. Per esempio, si lavora in questa direzione favorendo la produzione di diverse strategie e il confronto tra di esse, con attività di manipolazione visiva e algebrica di forme e numeri, promuovendo l’uso di diverse rappresentazioni sia in ambito algebrico sia in ambito geometrico, lasciando ampio spazio alle discussioni e richiedendo esplicitamente la produzioni di congetture e argomentazioni.
 
Inoltre, durante la realizzazione di giochi come quelli riportati sopra, emerge di nuovo l’importanza di sviluppare una “growth mindset” per trovare la strategia vincente, dopo aver tentato e fallito con la precedente (si veda, per esempio, il video Brain Crossing di Jo Boaler).
 
Quello che spesso gli studenti imparano – cioè che la scuola è il posto in cui riportare quello che insegnanti e libri di testo hanno detto e in cui seguire i passi corretti e nel corretto ordine per ottenere la risposta corretta – li blocca dal riflettere seriamente su ciò che imparano.
(Paul & Binker, 1990, p. 808, traduzione nostra)
 

 

2018_3_1011_IP.01 “LE NUOVE FRONTIERE DEL DIRITTO ALL’ISTRUZIONE. Rimuovere le difficoltà d’apprendimento, favorire una scuola inclusiva e preparare i cittadini responsabili e attivi del futuro - Fase 2". Questa iniziativa è realizzata nell'ambito del Programma operativo FSE 2014 – 2020 della Provincia autonoma di Trento grazie al sostegno finanziario del Fondo sociale europeo, dello Stato italiano e della Provincia autonoma di Trento. La Commissione europea e la Provincia autonoma di Trento declinano ogni responsabilità sull’uso che potrà essere fatto delle informazioni contenute nei presenti materiali.